Ci sono vite che scorrono in modo strano, talenti destinati a celarsi al mondo, ma che presto o tardi il mondo reclama e in qualche modo fa riemergere dall'ombra dentro cui sembravano persi per sempre.
Questo è il caso di VIVIAN MAIER. Nata a New York nel febbraio del 1926, vive una vita potremmo dire anonima, una vita come tante. Come la nonna e la madre prima di lei, fa la bambinaia per le famiglie upper class di Chicago. Lo fa a quanto pare con poco entusiasmo, ma con un innegabile senso del dovere. Poi si ritira in un angolino di Chicago, facendo una vita quasi da spiantata, fin che un giorno cade sul ghiaccio nel parco dove è solita passeggiare e si spegne lentamente in ospedale all'eta' di 83 anni. Questa poteva essere la biografia della bambinaia Maier fino a pochi anni fa...
Nel 2007 il giovane ventitreenne JOHN MALOF, appassionato di fotografia ma con poche competenze e desideroso di scrivere una storia su Chicago, compra ad un'asta il contenuto di un box. Uno di quei box che negli Stati Uniti vengono presi in affitto per ammucchiare tutte quelle cose che non entrano più in casa: il box di tata Maier.
John compra per 380 dollari principalmente una serie di scatoloni, ma in uno di questi scopre un gran numero di negativi. Il risultato dopo averli sviluppati è incredibile: quello che ha davanti gli appare fin da subito come l'opera di uno dei maggiori fotografi del Novecento.
Il passo successivo sarà cercare di scoprire qualcosa sull'autrice di queste foto: piano piano Vivian ritorna, si scopre che era una tata, che non aveva praticamente nessun legame familiare. I bambini che aveva cresciuto, sorpresi, iniziano ad essere intervistati, ed emerge così la figura di una donna indipendente, di uno spirito libero, che portava i bambini nei luoghi più poveri della città per far loro capire di essere dei privilegiati. Una donna che girava sempre con la macchina fotografica e forse anche una donna problematica, terrorizzata dagli uomini e non sempre tenere con i bambini.
Le piaceva viaggiare, e pare che abbia fatto il giro del mondo, anche se non si sa con quali soldi. Non sembra avere lasciato diari o pensieri particolari, ma era solita tappezzare la sua camera di appunti e ritagli, una sorta di collezionista del mondo.
La sua è street photography, fotografia di strada; ma in vita sviluppò solo una piccolissima parte del suo lavoro, forse per mancanza di soldi o forse perchè non le interessava farlo.
La sua è street photography, fotografia di strada; ma in vita sviluppò solo una piccolissima parte del suo lavoro, forse per mancanza di soldi o forse perchè non le interessava farlo.
I suoi scatti finirono così in quel box. Si parla di qualcosa come 700 pellicole in bianco e nero e 2000 a colori
Una grande fotografa autodidatta che per mille coincidenze e forse anche per paura, non ebbe visibilità durante la sua vita.
John Malof pubblicò sul suo blog la sua scoperta e il successo fu immediato, ad oggi il mito della tata Maier è in ascesa, le sono state dedicate mostre, film e documentari.
Opere d’arte che, senza di lui, sarebbero rimaste sepolte con la loro autrice: una misteriosa donna che ha scattato, in segreto, oltre centomila fotografie.
Ecco come la descrive Baricco:
Si chiamava Vivian Maier, e se il nome non vi dice niente, la cosa è abbastanza normale. Nella vita faceva la tata, lo stesso mestiere di sua madre e di sua nonna: lo faceva per le famiglie upper class di Chicago, e lo faceva bene, con limitato entusiasmo, pare, ma con inflessibile diligenza. Lo fece per decenni, a partire dai primi anni Cinquanta: i suoi bambini di allora adesso sono adulti che, piuttosto increduli, si vedono arrivare giornalisti o ricercatori che vogliono sapere tutto di lei. Un po’ spaesati, annotano che non è il caso di immaginarsi Mary Poppins: era un tipo maniacalmente riservato, un po’ misterioso, piuttosto segreto. Faceva il suo dovere, e nei giorni di vacanza, spariva. Non c’è traccia di una sua vita sentimentale, non pare avesse amici, era solitaria e indipendente. Non scriveva diari e che io sappia non ha lasciato dietro di sé una sola frase degna di memoria.
“Ho fotografato i momenti della vostra eternità perchè non andassero perduti", scrive la Maier in una lettera ai “suoi” bambini, ormai cresciuti.
Un colpo del destino ha salvato quei momenti dall’oblio, e li ha restituiti all’eternità.
Vi consiglio il documentario "Alla ricerca di Vivian Maier" se riuscite a trovarlo.
Mentre questo è il sito a lei dedicato: http://www.vivianmaier.com/film-finding-vivian-maier/